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ronista
per caso
Le piste…queste sconosciute
Mattia Tamarozzi, intervistato da Arianna Di Martino,
spiega ai non addetti ai lavori cosa c’è non solo sopra,
ma anche dentro una pista e cosa vuol dire effettuarne
la più scrupolosa manutenzione.
Arianna:
Apro la posta e trovo una richiesta di
benchmark inviataci dalla collega della SEA di Mi-
lano il cui oggetto riporta: “PMS – Pavement Ma-
nagement System” (sistema di gestione della pa-
vimentazione). Leggo e rileggo in attesa di un
flash che mi indirizzi alla persona giusta per cer-
care di capire l’argomento. Mi balena nella testa il
contatto di Mattia Tamarozzi, che lavora nell’area
Program Management – infrastrutture di volo e
viabilità di accesso – che avevo già contattato
in occasione di un benchmark sull’illuminazione
delle piste e lo chiamo. Subito mi informa che lui
è la persona giusta. Tiro un sospiro di sollievo se-
guito da una perplessità: “Mattia, le piste… que-
ste sconosciute. È proprio il caso di dirlo!”.
Mattia:
Sconosciute… ma non troppo. Come è
noto, l’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino
è costituito da tre piste di volo, una pista di volo
sussidiaria che può essere utilizzata come back up
della pista 16L/34R, ed un sistema di vie di rullag-
gio che collega le piste stesse ai piazzali di sosta ae-
romobili e conseguentemente ai terminal.
Stiamo parlando quindi di una rete infrastruttu-
rale di oltre 50 km tra piste di volo, raccordi e vie
di rullaggio, per un totale di circa 365 ettari di
aree pavimentate.
Per avere un ordine di grandezza più chiaro im-
maginate che tale superficie sia del tutto analo-
ga all’area che ricoprono quattro corsie dell’au-
tostrada del sole A1 dal casello di Roma Nord a
quello di Firenze Nord.
Come sono costituite tali pavimentazioni?
Circa l’85% di tale superficie è ricoperta da una
pavimentazione costituita da conglomerato bi-
tuminoso, quello che più comunemente è cono-
sciuto come asfalto dai non addetti ai lavori. Il
restante 15% è formato da lastre di cemento, in
alcuni casi armato.
L’utilizzo di conglomerato bituminoso è da prefe-
rirsi sia per un aspetto squisitamente economico
che per la semplicità delle tecniche di manuten-
zione da impiegare ed è utilizzato praticamente
su tutte le infrastrutture di volo (piste e vie di rul-
laggio) ad eccezione dei piazzali di sosta degli ae-
romobili dove si predilige l’elevata capacità por-
tante del calcestruzzo. Contrariamente a quanto
si pensa, infatti, il peso che gli aeromobili scari-
cano a terra è di gran lunga maggiore quando gli
aerei stessi sono fermi o viaggiano a basse velo-
cità (negli ingressi nelle piazzole ad esempio) ri-
spetto alle fasi di decollo (l’aereo grazie alla por-
tanza delle ali si solleva) o atterraggio (in questo
caso addirittura in termini ingegneristici l’aereo è
scarico avendo pochissimo carburante).
Inoltre, i piazzali di sosta, oltre a necessitare di
un’elevatissima resistenza, devono essere in
grado di resistere agli agenti chimici causati ad
esempio da perdite di carburante o olio.
Entrambe le tipologie di pavimentazione ven-
gono quindi progettate per sopportare i relati-
vi carichi statici o i ripetuti passaggi degli aero-
mobili, definendo così quella che in gergo viene
chiamata vita utile della pavimentazione, al ter-
mine della quale l’infrastruttura potrebbe pre-
sentare gravi danni che possono provocare an-
che il distacco di materiale.
La vita utile viene solitamente stabilita in fa-
se di progetto ed è compresa tra i 15 e i 20 an-
ni. Tali valori tuttavia dipendono sensibilmente
da eventuali ed imprevisti aumenti di traffico
o cambiamenti delle
condizioni climatiche e
possono quindi dimi-
nuire notevolmente.
In che modo vengono
assicurati gli standard
di sicurezza necessari
e come vengono stabi-
liti eventuali interven-
ti di manutenzione?
Data la vastità e l’im-
portanza delle aree è
fondamentale stabilire una serie di procedure
di monitoraggio delle condizioni delle pavimen-
tazioni nell’arco della propria vita utile al fine di
garantire il transito degli aeromobili in totale si-
curezza ed ottimizzare eventuali interventi di
manutenzione, volti alla prevenzione dell’evol-
versi dei danni, garantendo un margine di sicu-
rezza dal termine della vita utile. Mantenere una
pavimentazione che ha già evidenti danni può
infatti risultare molto oneroso sia dal punto di
vista economico che dal punto di vista delle pe-
nalizzazioni operative (immaginate i disagi che
gli aeroporti o le strade hanno quando i lavori si
protraggono a lungo). Gli americani sintetizza-
no questo concetto con l’espressione “pay now
or pay much more later”.
L’insieme di queste procedure, recepite dal Ma-
nuale di Aeroporto, prende il nome di Pavement
Management System.
Questo sistema consiste nell’esecuzione di una
serie di indagini sulle pavimentazioni le quali,
opportunamente elaborate, forniscono informa-
zioni inerenti le condizioni strutturali (resistenza
delle pavimentazioni) e funzionali (presenza di
eventuali avvallamenti o danni superficiali) del-
le infrastrutture, permettendo così di stabilire
eventuali interventi di manutenzione a breve,
medio o lungo termine tramite l’applicazione di
un algoritmo di analisi costi/benefici.
È evidente quindi che la pianificazione della ma-
nutenzione non si basa più sulla sola esperienza
soggettiva dei tecnici, ma su di un approccio inge-
gneristico fondato su dati oggettivi e ripetibili, as-
sicurando così elevati standard di sicurezza unita-
mente ad un’ottimizzazione del budget aziendale.
Quali sono queste indagini e come vengono
eseguite?
Le prove strutturali vengono eseguite tramite
l’ausilio di un’apparecchiatura, che è denominata
HeavyWeight Deflectometer, che permette di ri-
levare le deformazioni subite da una pavimenta-
zione sulla quale viene
applicato un carico, la-
sciato cadere da una de-
terminata altezza. Grazie
all’applicazione di par-
ticolari leggi fisiche da
queste informazioni si
risale facilmente alla re-
sistenza delle pavimen-
tazioni.
Queste indagini soven-
te vengono abbinate
a quelle stratigrafiche
eseguite con un’appa-
recchiatura
chiamata
georadar che consente
di valutare la presenza
di eventuali anomalie al
di sotto delle pavimen-
tazioni (sono frequenti
anche sulle strade situa-
zioni in cui la presenza di acque di falda provoca
il dilavamento del terreno sottostante).
Infine, immaginate le sollecitazioni a cui è sog-
getto un aereo che, nella delicatissima fase di
decollo raggiunge velocità prossime ai 160 no-
di (circa 300 km/h) che arrivano a 200 nodi (circa
370 km/h) in fase di atterraggio.
Eventuali anomalie provocate da avvallamenti o
irregolarità pronunciati sulle pavimentazioni si ri-
percuotono su tutta la struttura dell’aereo, in par-
ticolare sulle ali, le quali non sono progettate per
resistere a forti vibrazioni (risulterebbero troppo
pesanti e inoltre devono contenere il carburante).
Questa particolare condizione può generare un fe-
nomeno, denominato risonanza, che, nella peggio-
re delle ipotesi, provoca la rottura delle ali.
Bene, tali anomalie vengono monitorate attra-
verso le indagini funzionali, per le quali viene
utilizzata un’apparecchiatura molto sofistica-
ta denominata Multi Functional Vehicle. Questa
particolarissima strumentazione è costituita da
un veicolo, sul quale nella parte anteriore viene
montata una serie di laser (18 per l’esattezza) in
posizione verticale che permettono di rilevare
il profilo longitudinale e trasversale della pavi-
mentazione, mentre posteriormente vengono in-
stallate due telecamere a scansione lineare (per
essere utilizzate anche di notte) che immagazzi-
nano immagini digitali della pavimentazione con
un’elevatissima risoluzione (un pixel uguale ad un
millimetro) e permettono quindi di individuare la
presenza di eventuali danni superficiali seduti co-
modamente davanti ad un pc.
Attraverso i valori di regolarità e tramite l’ausilio
di specifici software vengono quindi simulate le
condizioni a cui sono soggetti gli aeromobili (ad
esempio valori limite di accelerazioni verticali) e
confrontate con i relativi valori standard previsti
dalle case costruttrici.
Come vengono utilizzati questi dati?
I dati rilevati dalle suddette indagini strutturali e
funzionali vengono archiviati e gestiti attraverso
un data base informatizzato.
Questi dati, combinati ed elaborati tra loro tramite
algoritmi ingegneristici, consentono di individua-
re eventuali tratti di infrastrutture che necessitano
di manutenzione, le tipologie di intervento più ap-
propriate, i costi di realizzazione e il tempo limite
oltre il quale la pavimentazione così come è non
è in grado di sopportare il transito degli aeromo-
bili in sicurezza o l’intervento manutentivo risulta
più oneroso: in pratica dove, come, quando e con
quanto intervenire.
Esistono normative che regolano il monito-
raggio e la manutenzione delle infrastruttu-
re di volo?
Attualmente le uniche normative che regolano il
monitoraggio e la manutenzione delle infrastrut-
ture di volo sono state emanate negli Stati Uniti
dalla FAA (Federal Aviation Administration).
Queste normative sono state implementate già
dai primi anni Ottanta ed obbligano il gestore ae-
roportuale a dotarsi di un sistema di Pavement
Management, pena la riduzione delle tariffe ae-
roportuali: un po’ come succede in Italia con la re-
te autostradale per la quale il governo non preve-
de aumenti annuali dei pedaggi senza la garanzia
dell’esecuzione periodica della manutenzione.
Il sistema implementato da ADR è certificato da
Enac, la quale, periodicamente esegue una serie
di audit per assicurarsi che tali procedure ven-
gano rispettate e garantire così il mantenimento
della certificazione aeroportuale.
In Italia Aeroporti di Roma è stata la prima so-
cietà a dotarsi di un Pavement Management Sy-
stem, ed attualmente, nell’ambito delle attività
previste dall’osservatorio italiano della manu-
tenzione, stiamo collaborando con Enac, Dire-
zione Progetti, Studi e Ricerche, all’emanazione
di una specifica normativa nazionale.
<
Nella foto,
manutenzione di una
pavimentazione
in calcestruzzo.
Nella foto in alto,
telecamere a scansione lineare per il rilievo
della pavimentazione.
In basso,
lavori di una pavimentazione in conglomerato
bituminoso.